Quaderni Asiatici 149 – marzo 2025
Diego Cucinelli (a cura di), Fiabe e leggende del Giappone. Antologia degli scritti di Yanagita Kunio, CasadeiLibri Editore, Padova, 2024, pagine 253, Euro 21,00. ISBN: 9791280146175
Questo libro ha il grande merito di far conoscere per la prima volta al pubblico italiano alcune opere di Yanagita Kunio (nato Matsuoka Kunio, 1875-1962), il padre degli studi giapponesi moderni sul folklore (minzokugaku). Come ci racconta Chiara Ghidini nella prefazione, Yanagita iniziò la sua carriera come funzionario del Ministero del Commercio e dell’Agricoltura, un lavoro che lo portò a contatto con i contadini e la loro vita. Da qui iniziò il suo interesse per le tradizioni autoctone. Nella sua attività confluirono il desiderio di comprendere e trasmettere i valori autenticamente giapponesi, come avevano fatto i kokugakusha (studiosi delle cose nazionali) del periodo Tokugawa (1603-1867) e quello di progredire nella comprensione di “questioni che possano gettare luce sul passato dell’umanità intera”. In questa seconda direzione lo spinsero inizialmente i suoi interessi letterari, che includevano la letteratura occidentale e gli fecero conoscere l’esistenza del sostrato precristiano della cultura europea attraverso autori come Ibsen e Anatole France.Successivamente, con lo studio sistematico delle fiabe, arrivò inevitabilmente a scoprire temi e motivi ricorrenti in Paesi anche lontanissimi tra loro. “Sebbene non possiamo spiegare con certezza il fenomeno, esso suggerisce l’esistenza di una causa profonda e sconosciuta” scrive Yanagita, e più avanti, tirando le somme sul lavoro suo e dei suoi allievi e colleghi in Giappone: “…forse inconsciamente, abbiamo iniziato a distinguere e interpretare, attraverso l’iniziativa dei nostri studiosi, questioni di grande rilevanza per il passato dell’umanità”.
La ricerca di Yanagita del carattere nazionale giapponese si concentrò quindi sulla cultura orale diffusa nelle campagne e tra le montagne, escludendo la città. Di questa cultura fanno parte sia le fiabe che le leggende. Qual è la differenza tra le due? Nella bella metafora di Yanagita, “le fiabe svolazzano di luogo in luogo: le si può trovare nella stessa forma dovunque si vada. Le leggende, al contrario, mettono radici in un luogo specifico dove crescono stabilmente”. Nelle parole più precise della postfazione di Diego Cucinelli, “mentre le fiabe hanno un incipit in genere privo di coordinate spazio-temporali precise e non entrano nei dettagli onomastici dei protagonisti […], la leggenda […] è connotata da precisi dettagli toponomastici e onomastici, nonché da riferimenti temporali. Le fiabe, infatti, non nascono per indurre le persone a credere al loro contenuto bensì principalmente a intrattenerle, mentre le leggende propongono una presunta verità, ossia intendono illustrare al fruitore l’origine di un determinato fenomeno e la natura dello stesso”. Le leggende tradotte in questo libro sono tre: Le origini del Daishikō, Storie e leggende di pesci con un occhio solo e Divine schermaglie. Il Daishikō era una festività dedicata al monaco Kūkai (774-835), conosciuto dopo la sua morte con il titolo di Kōbō Daishi (Gran Maestro Propagatore della Legge). Esaminando le leggende che parlano di lui, in cui “sembra essersi adirato o rallegrato un po’ troppo” e in cui spesso compare una donna anziana, Yanagita giunge alla conclusione che Daishi non significasse “Gran Maestro”, ma “figlio primogenito/a” (le due parole sono omofone), riferito a un dio bambino, che compare sempre con una donna accanto. Il fraintendimento sarebbe stato creato da persone alfabetizzate che, sentendo la gente di campagna nominare “Daishisama”, pensarono che parlasse di Kōbō Daishi. Per quanto riguarda la donna anziana, “l’uba, la ‘vecchia’, era in origine semplicemente una donna” a cui con il tempo si cominciò a pensare come ad un’anziana. Yanagita conclude: “[…] nelle storie trasmesse in Giappone dal passato si affacciano tuttora un bel po’ di fanciulli belli e vispi, in compagnia di una vecchia”.
Nel secondo saggio Yanagita passa dai pesci agli esseri umani o divini con un occhio solo, per concludere come le creature con questa caratteristica, pur suscitando “sia curiosità sia paura”, siano considerate predilette dalle divinità. Nell’ultimo discute le leggende sulle liti tra divinità, che riflettono a volte anche le rivalità tra fedeli, ma Yanagita ammette che è molto difficile comprendere la causa della nascita di queste leggende, che si perde nel tempo.
Tra i saggi su altri argomenti il più interessante è senz’altro La vita tra i monti, tradotto solo parzialmente data la sua estensione. Vi si discute, tra l’altro, il motivo per cui la divinità della montagna è spesso ritenuta femmina, e si parla della yamauba, o yamanba, e del suo corrispettivo maschile, lo yamachichi o yamajiji (rispettivamente “vecchia della montagna” e “vecchio della montagna”), enfatizzandone la caratteristica di cercare la compagnia umana piuttosto che l’isolamento e la ferocia. Almeno, questa è la caratteristica che viene attribuita a questi due personaggi dalla maggior parte delle testimonianze di chi le avrebbe incontrate, la cui attendibilità come fatti reali è peraltro decostruita dallo studioso.
Le due figure compaiono anche in due delle fiabe raccolte nel volume, Il mandriano e la yamanba e Lo yamajiji che legge il pensiero. Nelle altre fiabe si trovano, tra gli altri, i temi dei matrimoni interspecie, dei “bambini di nascita meravigliosa” e della riconoscenza degli animali verso gli esseri umani.
In conclusione il volume, offrendo una panoramica chiara ed esaustiva del percorso di Yanagita e delle tematiche su cui ha aperto un dibattito che continua tuttora, è un ottimo strumento per chi voglia cominciare ad accostarsi al folklore giapponese anche senza essere uno specialista.
Irene Starace
Motivi sovrannaturali e strane creature negli scritti di Yanagita Kunio
SCRITTORI GIAPPONESI «Fiabe e leggende del Giappone», da Casade
Erede del pensiero e della prospettiva nativista dell’epoca Tokugawa (1603-1868), Yanagita Kunio nei primi decenni del ’900 ne riprese le aspirazioni alla riscoperta e alla rivalorizzazione di una presunta autenticità culturale, racchiusa nel grande patrimonio delle tradizioni locali, tramandate in forma orale. L’interesse per il folklore si ricollega all’intensa urbanizzazione di epoca Meiji (1868-1912), con i conseguenti problemi di sovraffollamento e meccanizzazione della quotidianità, che incentivano la riflessione sul passato premoderno e preindustriale: un movimento culturale a ritroso nel tempo, molto simile a quello che si ripropose, in concomitanza con l’emergere del problema dell’inquinamento urbano, negli anni Sessanta e Settanta del ’900, anni che videro riaccendersi l’interesse per gli scritti e la figura di Yanagita.
Le sue opere divennero dei bestseller, mentre la curiosità etno-documentaristica si mischiava al boom del turismo diretto verso la provincia nascosta e segreta. È sull’onda di questi flussi che in anni ancora più recenti leggende e figure del folklore nipponico hanno raggiunto una popolarità crescente oltreoceano, attraverso le rivisitazioni letterarie e cinematografiche, le stampe ukiyoe, i prodotti delle culture pop quali anime, manga e videogames.
Ora, per la prima volta in traduzione italiana, la selezione proposta in Fiabe e leggende del Giappone Antologia di scritti di Yanagita Kunio (a cura di Diego Cucinelli, Casadei, pp. 256, € 21,00) ci mostra il variegato mondo del sovrannaturale, dagli yōkai – mostri, anfibi, ibridi e mutaforma quali kappa e tengu – a fenomeni misteriosi e apparentemente inspiegabili con le ragioni della scienza e della logica, come le sparizioni improvvise di persone (kamikakushi).
Durante i suoi viaggi nelle campagne non ancora raggiunte dal capitalismo di matrice occidentale, Yanagita con pazienza trascriveva i racconti orali dei cantastorie locali, popolati di mostri, fantasmi, creature divine o spaventose. Le sue fiabe e leggende parlano della tenace sopravvivenza di un universo dominato dal fantastico e dall’irrazionale, della seduzione che l’orrifico e il perturbante continuavano a esercitare a dispetto dell’ordine e del controllo imposti dal governo Meiji, già sotto l’influsso dei primi sentori del nazionalismo; ma ci permettono anche di guardare da una diversa prospettiva al processo di modernizzazione che fra la fine del XIX secolo e l’inizio del XX trasforma radicalmente il paese.
La passione dello studioso si mescola con lo spirito romantico che muove dall’urgenza di salvare il mondo contemporaneo dal disincanto, ma anche dalla forzata omologazione a un occidente mitizzato, e di riaffermare l’impossibilità di venire ricondotti e dissolti nei parametri della modernità euroamericana.