Dopo aver introdotto il lettore al significato primordiale della spada, Ananda Coomaraswamy illustra il simbolismo del tiro con l’arco che si cela ormai dietro l’apparente dimensione sportiva. L’autore intraprende quindi un viaggio che parte dalle corporazioni in Turchia, alle quali si era iniziati solo se in possesso delle necessarie qualificazioni, passa per l’India, e approda in Giappone dove ogni gesto dell’arciere obbedisce a ragioni trascendenti.
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C’era una volta nel Deccan
Mary Frere
C’era una volta nel Deccan
Tre storie popolari del sud dell’India
della raccolta Old Deccan Days tradotte dal telegu.
Un viaggio alla scoperta del sud dell’India, delle sue tradizioni e culture più antiche. Ancora oggi, le storie raccontate da Anna rappresentano un risorsa preziosa sia per antropologi, linguisti e umanisti, che per gli amanti e appassionati dell’India. Questa piccola selezione di racconti, tradotti per la prima volta in italiano.
(11 August 1845 – 26 March 1911) soprannominata May, era la maggiore dei cinque figli di Henry Bartle Frere e di Catherine (morta nel 1899), figlia del tenente generale Sir George Arthur.
Il padre di Mary prestò servizio nell’amministrazione coloniale e nel 1862 fu nominato governatore di Bombay. Nel 1868, Frere pubblicò Old Deccan Days che trascrive e riordina i racoonti originariamente tasmessi per via orale che la domestica Anna Liberata de Souza, le aveva raccontato in inglese.
Formato 13,5 x 21 cm.
Pagine 96 illustrato
Prezzo 12
ISBN-13 -979-12-80146-19-9
La fantasia degli dei e l’avventura umana
L’opera più sconvolgente di Alain Daniélou
Appoggiandosi su molteplici testi antichi, gran parte dei quali inediti in Occidente, Alain Daniélou illustra qui compiutamente la storia delle umanità precedenti e la grande avventura della presente umanità … fino all’orlo del precipizio.
Il lettore incontrerà in questo libro una vera e propria sintesi del pensiero di Alain Daniélou sulla tradizione indiana. L’esposizione, di grandissimo respiro e per molti versi unica, riflette la personalità dell’autore e la sua esperienza privilegiata in India.
Formato: 13,5 x 21 cm, Pagine: 296, ISBN: 9786709466569 Prezzo: € 18,00
Lo Specchio del Gesto
Abhinaya Darpana di Nandikesvara
Il breve compendio noto come Lo specchio del Gesto (o della coreutica) nella versione di Ananda Coomaraswamy realizzata in collaborazione con Gopala Kristnayya Duggirala.
Il linguaggio dei gesti, dei piedi, del volto e delle mani sono svelati nel classico, Abhinaya Darpana di Nandikesvara, che viene fatto risalire ad un’epoca anteriore al XIII secolo d. C.
Questo libro è la traduzione di un antico trattato indù sull’arte del teatro e della danza (l’uno e l’altro sono denominati in sanscrito con la stessa parola, natya); qui si tratta, naturalmente, di un’arte rigorosamente tradizionale, la cui origine è riferita a Brahma stesso e situata all’inizio del Treta-Yuga. In essa tutto ha un significato preciso, e di conseguenza nulla può essere demandato alla fantasia individuale; i gesti (sopratutto i mudra, o segni formati dalle posizioni delle mani) costituiscono un vero linguaggio ieratico, che del resto si ritrova in tutta l’iconografia indù.
René Guénon
(Estratto dalla recensione dell’edizione americana di The Mirror of Gesture apparsa su Le Voile d’Isis nel 1936)
Traduzione di Marianna Biadene
Formato: 13,5x21 cm, Pagine: 176, illustrato, ISBN: 88-89466-34-6 Prezzo: € 16,00
La scoperta dei templi
Arte ed eros dell’India tradizionale
In quest’opera sono raccolti tre scritti inediti in italiano sull’arte sacra dell’India: il primo colloca l’arte tradizionale nel più ampio contesto della cultura indiana, il secondo si occupa dei templi indù e il terzo introduce al simbolismo delle sculture erotiche.
Con le magnifiche foto di Raimond Bournier
dello stesso autore:
La Via del Labirinto, Ricordi d’Oriente e d’Occidente
Il Tamburo di Shiva
Il giro del mondo nel 1936
La fantasia degli dei e l’avventura umana
La saggezza assassinata, in Il Regno di Giano
Principe Ilango Adigal, La cavigliera d’oro
Aravana Adigal, Manimekhalai
Formato: 13,5 x 21 cm., Pagine: 48 illustrato, ISBN: 88-89466-23-0 Prezzo: € 6,00
Recensioni Il Giro del Mondo nel 1936
Il Mattino del 2/11/2007
Quando Daniélou ritrovò la sua anima nell’India di Tagore
di Francesca Bellino
Alain Daniélou considerava l’India la sua vera patria. Nato in Francia, a Losanna, il musicologo, ricercatore, scrittore, pittore, viaggiatore, uno dei più eminenti orientalisti contemporanei, dopo il suo approdo sulle rive del Gange non diceva più di essere un francese, ma «un indiano convertito all’induismo». Daniélou scopre l’India all’inizio degli anni ‘30, se ne innamora e sceglie di viverci. Naturalmente anche il giro del mondo che intraprende nel 1936 insieme all’amico fotografo Raymond Burnier è ricco di tappe indiane. I due, che decidono di percorrere il Paese in roulotte, il loro sguardo è curioso e affamato di conoscenza. Non si annoiano mai e quell’esperenza è raccontata nel libro Il giro del mondo nel 1936.
Daniélou per più di vent’anni vive a contatto con gli indiani, «pronto a fare tabula rasa della sua cultura». La prima persona che incontra è il poeta Rabindranath Tagore, la sua città diventa Benares dove vive dividendo il suo tempo tra l’attività di ricercatore all’Università, lo studio del Sancrito e dell’hindi – per lui lingue fondamentali per capire la cultura indiana – lo yoga e la scoperta delle canzoni tradizionali. Subito si converte all’induismo, un apparente paradosso per il figlio di una madre cattolica, un padre anticlericale e un fratello futuro cardinale. Il suo maestro gli da il nome di Shiva Sharami (il protetto di Shiva). Non si sente un guru, né un profeta, ma quando, nel 1958, torna in Europa, per lui «un Paese malato», il suo intento è far conoscere l’India tradizionale all’Occidente e far capire che l’induismo può portare un nuovo Rinascimento. Fino alla morte, 10 anni fa, solo l’Italia riuscirà a farlo sentire a casa.
Autocar di ottobre 2008
Indù vai?
Appassionato credente e studioso dell’induismo, l’orientalista e musicologo francese Alai Daniélou è stato anche un pioniere dei raid automobilistici. Come racconta in un libro di prossima pubblicazione
in occasione del centenario della sua nascita, vorrei dedicare questa pagina ad Alain Daniélou. Nato in Francia il 4 ottobre 1907 da madre fervente cattolica (aveva fondato anche un ordine religioso) e padre anticlericale bretone più volte ministro sotto governi socialisti, Alain trascorre l’infanzia in campagna con precettori, un’immane biblioteca e un pianoforte, scoprendo sin da allora la musica e la pittura.
Negli Stati Uniti per gli studi universitari vendeva i suoi quadri e suonava il piano durante la proiezione dei film muti. Ritornato in Francia studiò canto con Panzera, danza classica con Legat, il maestro del grande Nijinski, e infine composizione con Max d’Olonne. Diede dei recital e fece delle mostre.
Molto sportivo, Daniélou è stato campione di canoa e un abile pilota di auto da corsa. Nel 1932 compì un viaggio di esplorazione nel Pamir afgano e nel 1934 partecipò al raid automobilistico Parigi-Calcutta. Fu amico di Cocteau, Diaguilev, Stravinskij, Nabokov e dei principali intellettuali dell’epoca.
Dopo innumerevoli viaggi in Africa e in Oriente si stabilì in India, dove soggiornò dapprima presso il poeta Tagore che gli affidò l’incarico di curare i suoi rapporti con gli amici Paul Valéry, André Gide e Benedetto Croce, e lo nominò direttore della scuola di musica a Shantinketan.
Trasferitosi a Benares, scoprì la cultura tradizionale indiana e per vent’anni si dedicò allo studio della musica classica indiana presso i più grandi maestri. Collaborò anche alla fondazione di un partito politico, lo Janaz Sang, che propugnava la difesa della società indù contro le moderne idee occidentali in forte opposizione al Mahatma Gandhi. Dopo l’indipendenza dell’India fece ritorno in Europa e nel 1963 fondò a Berlino, e nel 1970 a Venezia, l’Istituto interculturale di Studi Musicali Comparati promuovendo la scoperta della musica d’arte asiatica nell’Occidente. Si è spento in Svizzera nel 1994 e, da buon indù, è stato cremato.
Nella sua autobiografia La via del Labirinto (ed Casadeilibri 2004) racconta con divertita ironia il disorientamento che provocava a conoscenti e visitatori della sua casa di Parigi quando interrompeva le sue riflessioni sull’induismo e sulla musica indiana, dicendo che aveva voglia di rilassarsi e scendeva in garage per guidare la sua sportiva preferita.
Di Alain Daniélou vogliamo suggerire Il Giro del Mondo nel 1936 in uscita in questi giorni per la Casadeilibri. Chiediamo a Jacques Cloarec, presidente della Fondazione Alain Daniélou, quale fosse il suo rapporto con le automobili: “All’inizio degli anni ’30 Alain Daniélou incontra lo svizzero Raymond Burnier, un giovane facoltoso col quale intraprende grandi spedizioni, il più delle volte in macchina. In particolare Daniélou ricorda, nell’autobiografia La Via del Labirinto , un avventuroso viaggio dall’Europa fino all’India. Sono entrambi giovani appassionati e per tutta la loro vita guideranno a forte velocità automobili molto potenti.
La prima è la Hispano-Suiza della quale Daniélou disegna la carrozzeria e che finirà abbandonata sui monti Carpazi, dove si era rifiutata di continuare il viaggio. Seguiranno delle Citroën a trazione anteriore, le auto dei gangster dell’epoca, poi una Matford, che vendettero all’attore Jean Marais quando andarono a vivere in India.
Qui fecero arrivare, per la prima volta, una roulotte da Los Angeles; sarà una spider Forda a trainarla durante le spedizioni nella giungla per fotografare i templi abbandonati.
Quando li incontrai nel 1962 Raymond Burnier era già definitivamente conquistato dalla Jaguar: ne acquisterà vari modelli fino alla sua prematura morte nel 1968. Daniélou ha, in questo periodo, una rara Austin-Healey cabrio 4 posti. Poi arriverà una grossa Jaguar e un’immensa Mercedes cabriolet, delle quali non fu mai troppo convinto.
Ma negli anni ’70 scoprimmo entrambi le Porche, diventandone degli appassionati che non avevano occhi per nessun’altra. Comprai inizialmente una 912 poi abbiamo posseduto le prime 911 Targa, alle quali siamo rimasti fedeli. Erano le macchine ideali per inerpicarsi sul S. Bernardo quando viaggiavamo da Roma a Parigi e sul Brennero quando andavamo da Venezia a Berlino. Epoca benedetta! Poche limitazioni alla velocità e traffico assai meno intenso. Daniélou aveva una guida assai nervosa e veloce.
Mi ricordo viaggi da Roma a Venezia in 4 ore, con punte di 230 km/h. La maggior parte delle persone che viaggiarono con lui ricordano quell’esperienza come una delle più paurose della loro vita.
Daniélou non ebbe mai incidenti gravi; ma durante gli anni ’80, quando i limiti di velocità si fecero più frequenti, smise di guidare, poiché si annoiava. La passione per le auto è un aspetto particolare della sua personalità, che sorprende i lettori dei suoi numerosi libri tradotti in italiano, poiché in apparente contrasto con la sua immagine di filosofo, saggio e sapiente”.
Il giro del mondo nel 1936
Alain Daniélou
L’avventuroso viaggio di Alain Daniélou e Raimond Bournier nel 1936 corredato dai disegni dell’autore e dalle splendide foto di Burnier. Da New York a Hollywood, la scoperta del Giappone, la Cina misteriosa, i bassifondi di Pechino, e…. l’India in roulotte.
Formato: 21 x 21 cm., Pagine: 156 a colori riccamente illustrato, ISBN: 88-89466-20-9 Prezzo: € 30,00
Recensione Il tamburo di Shiva
Dal mensile Modus Vivendi di gennaio 2008 4/05/2006
“La musica indiana, tra storia e leggenda di LB”
Secondo i Purana, antichi libri indù di mitologia e storia, fu il dio Shiva ad insegnare la musica e la danza agli esseri umani più di seimila anni prima della nostra era. Così Alain Daniélou, orientalista e musicologo di prima grandezza venuto a mancare nel 1994, introduceva i lettori occidentali alla lettura de Il tamburo di Shiva, il primo trattato sulla musica tradizionale indiana recentemente pubblicato dalla Casadei libri in occasione del centesimo anniversario della nascita dell’autore.
Tra storia e leggenda, teoria e tecniche musicali, Daniélou ci porta alla scoperta della cultura di un paese in cui il notevole spirito di tolleranza e adattamento ha permesso di spingere lo sviluppo delle arti fino ad una raffinatezza estrema, la cui perfezione rende difficile ogni ulteriore evoluzione.
L’autore ci racconta in modo semplice, sintetico e completo i ritmi, gli strumenti, i musicisti di un paese che, sulla musica, basa gran parte della propria tradizione.
Il volume è citato anche qui
Il tamburo di Shiva
Le tradizioni musicali dell’India del nord
Alain Daniélou
«La musica dell’India incanta non solo gli uomini ma anche gli animali. Le cerve sono ipnotizzate dai cacciatori con l’ausilio della musica».
Con queste parole Amir Khusru, celebre poeta e musicista turco del XIV secolo, esprime tutta la sua ammirazione per l’evoluta e raffinata musica indiana, che riuscì ad affascinare, oltre agli animali, anche i guerrieri islamici che avevano conquistato il Nord dell’India.
La stesso sentimento di bellezza trascinante e ammaliatrice possiamo provare noi, oggi, quando incontriamo la musica tradizionale indiana, pur così diversa dai nostri modi e dai nostri canoni e così, apparentemente, lontana dal nostro gusto estetico. Come e perché questo succeda ci viene spiegato in questo libro da Alain Daniélou. L’autore mette al servizio di un’esposizione brillante e precisa ad un tempo le sue straordinarie competenze e la profonda conoscenza che aveva della materia.
L’agile testo, che si legge con vero piacere, è così anche una descrizione completa della musica dell’India del Nord della quale sono illustrati i molteplici aspetti, la storia e la leggenda, la teoria, le forme musicali (i diversi raga), i ritmi, le tecniche vocali e strumentali e, infine, i musicisti e i loro strumenti. Il tamburo di Shiva è il primo trattato sulla musica tradizionale indiana, sintetico ma completo, che viene pubblicato in Italia; al rigore espositivo si associa la particolare attenzione che Daniélou consacra alla sensibilità e al gusto del lettore occidentale, la cui “educazione” musicale sembrerebbe essere piuttosto un ostacolo che non un aiuto alla comprensione di una forma d’arte così distante dalla sua cultura.
Tuttavia, come Amir Khusru, anche il “fruitore moderno” può assaporare il fascino della musica indiana e può inebriarsi con la sua bellezza: a questo scopo Daniélou dedica un prezioso capitolo che mira proprio all’educazione del gusto e che insegna “come ascoltare la musica indiana”.
Formato: 13,5 x 21 cm., Pagine: 160 illustrato, ISBN: 88-89466-13-8 Prezzo: € 18,00
La Cavigliera d’Oro
Il capolavoro della lettertura Tamil
Noi siamo di Puhar, dove i gigli d’acqua nascondono nel cuore le api laboriose e aprono i petali se vedono un cigno, posato sull’albero in fiore di punnai, credendo sia la luna tra le stelle.
Lo Shilappadikâram è il capolavoro della letteratura Tamil, attribuito al principe Ilangô Adig (III -V sec).
Nell’antica città di Puhar il giovane e ricco Kovalan, sposo della bella Kannaki, si invaghisce di Madhavi, sensuale cortigiana, disperdendo tutta la sua fortuna Privo di mezzi, assieme alla fedele Kannaki, arriva a Madurai, nel regno di Pandya, dove tenta di vendere la cavigliera d’oro della moglie. Il mercante di preziosi, convinto d’aver di fronte un ladro, lo consegna subito al sovrano. Il re ordina ai suoi di recuperare la cavigliera e fa uccidere Kovalan senza indagare. Kannaki, abbandonata e sola, con la potenza della sua virtù, genera l’incendio di Madurai scatenando sul regno di Pandya l’ira degli dèi.
Tradotto e curato da Alain Daniélou
in collaborazione con R. S. Desikan
Traduzione italiana di Pietro Faiella
Formato: 13,5 x 21 cm., Pagine: 238, ISBN: 88-89466-67-4 Prezzo: € 16,00